Aggiornamento del 4 aprile 2016: Di com’è andata a finire la vicenda del regolamento, e di quanto sia stato edulcorato il suo effetto nel corso del tempo, ne parla Italo Vignoli in questo articolo.
Qualche giorno fa è stata finalmente pubblicata la Circolare 6 dicembre 2013 n.63 di AgID (Agenzia per l’Italia Digitale, o perlomeno come credo si chiami nell’ultimo quarto d’ora) denominata “Linee guida per la valutazione comparativa prevista dall’art. 68 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’Amministrazione digitale”.
Come meglio spiegato in questo pezzo del sempre preciso Simone Aliprandi, si tratta di un documento molto atteso dagli addetti ai lavori che si occupano di e-government, software libero e licenze d’uso nella pubblica amministrazione, perchè chiarisce le modalità di applicazione delle norme già da tempo presenti nel CAD riguardo l’acquisizione dei programmi o parte di essi. (Norme che, è sempre meglio ricordarlo, privilegiano il software libero).
Leggeremo ora tutti (e si spera applicheremo) con estremo interesse quanto raccomandato dall’Agenzia. Tuttavia, già a pagina 4, una cosa appare curiosa. Riguarda la composizione del Tavolo di lavoro che ha redatto le Linee guida:
Due aziende su tre presenti al Tavolo, tra quelle segnalate da Confindustria Digitale, sono multinazionali straniere: Microsoft ed Oracle. Dal testo delle Linee guida non si capisce se Confindustria Digitale ne abbia indicate altre, né sembra che nessuna delle due aziende si sia candidata autonomamente (pronto a rettificare, nel caso) perchè appare proprio scritto “segnalata da“. Confindustria Digitale è già ampiamente colonizzata da multinazionali estere, e la scelta probabilmente non fa che rispettare lo status quo di un tessuto produttivo succube delle tecnologie (chiuse) altrui.
Non mi stupisco della loro presenza in qualità di portatori d’interesse, anzi la reputo legittima, ovvia ed oltretutto ben controbilanciata dagli altri esponenti “dell’altra sponda” (FSF Europe, The Document Foundation, per citarne due), se così si può semplificare la composizione del Tavolo.
Mi è molto amaro, tuttavia, ricordare che di aziende portabandiera del software proprietario ne abbiamo parecchie anche di indigene, purtroppo. Suggerirne qualcuna forse sarebbe stato meglio. Offrire così palesemente il fianco agli stranieri -oltretutto extra UE- per mettere mano alle nostre normative lo vedo, oltre che triste, anche potenzialmente controproducente per quanto riguarda la tutela degli interessi nazionali.
Può darsi che perderemo comunque, ma farci autogol volontariamente è da masochisti.